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Le potenzialità del nostro cervello / 1a parte

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La nuova concezione dell’organismo come una rete di informazioni e la realizzazione che il nostro cervello cambia costantemente a seconda dei nostri pensieri, valori, atteggiamenti, stati d’animo, azioni, gesti ecc. sono scoperte di fondamentale importanza e presentano implicazioni significative.

Cambiare è molto più facile di quanto si pensasse

Nella visione meccanicistica di Newton, dove il corpo era visto in termini di energia e materia, ben poco margine rimaneva per la flessibilità, il cambiamento e la modulazione dell’intelligenza.

Ora sappiamo che mettersi seduti a visualizzare qualcosa che ci aiuti a uscire da uno stato interiore negativo o insano, significa esercitare un controllo sul cervello che lo fa cambiare.

Che ne siamo consapevoli o no, stiamo producendo continuamente dei cambiamenti volontari nel nostro cervello. Il fatto che si scelga di generare stati interiori di empatia e compassione o di ostilità e giudizio implica cambiamenti diversi nel cervello.

Se il nostro cervello non è composto da strutture rigide e fisse come pensavamo precedentemente ma è così duttile e plastico da trasformarsi costantemente a seconda di ciò che pensiamo o facciamo, allora acquisire abitudini di un certo tipo rispetto ad altre diventa fondamentale.

La reiterazione di gesti e comportamenti, se supportata abbastanza a lungo, crea nuovi percorsi neuronali che sosterranno nuovi comportamenti e nuove percezioni. Scopriamo che il modello che abbiamo ricevuto in dotazione è predisposto per nuove infinite possibilità potenziali.

Cambiare abitudini indesiderate, modi di pensare frutto di condizionamenti negativi, attitudini emozionali distruttive, ecc. alla  luce delle recenti scoperte della neuroscienza diventa un processo non soltanto molto più possibile di quanto non apparisse in passato, ma appassionante.

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I lobi frontali possono ridimensionare le reazioni automatiche

La zona dei lobi frontali e prefrontali del cervello pensante assume un nuovo ruolo. Questa parte della neocorteccia, che riguarda alcune forme di ragionamento e l’attivazione di certi tipi di emozioni positive, ha dimostrato di poter intervenire a ridimensionare e inibire le reazioni istintive e spesso eccessive dell’amigdala legate agli antichi programmi di sopravvivenza.

Aumentando le nostre capacità di riconoscimento (funzione del ragionamento) si accresce l’attivazione dei lobi frontali, il che può favorire certi tipi di emozioni positive. Quando si commettono violenze o atti socialmente dannosi l’attivazione dei lobi frontali risulta ridotta.

Studi compiuti su individui che agiscono comportamenti istintivi antisociali senza curarsi delle conseguenze, dimostrano l’atrofia dei lobi frontali (nota26 – a fine articolo). Ne consegue che i pensieri che coltiviamo hanno il potere di rafforzare o indebolire le nostre emozioni positive, così come attivare e rafforzare zone del cervello che favoriscono un miglior equilibrio emozionale, o altre che invece lo destabilizzano, dipende da noi.

La medicina cinese chiama il cervello cuore celeste e riconosce sentire e pensare come processi in continua comunicazione dinamica che insieme vanno a costituire la struttura emozionale/cognitiva, sottolineando nell’uomo il modello olistico.

I lobi frontali sono in grado di compiere un’operazione molto complessa: quando ci focalizziamo su qualcosa, ci distacchiamo totalmente dall’esterno, quando siamo veramente impegnati con un concetto esso diviene neurologicamente parte del nostro essere.

Il cervello si riformula allora per includere quei processi mentali come un nuovo tessuto del nostro essere, ed è in grado di creare un modello più vasto di idee basate su ciò che ha trovato utile nell’integrazione di esperienze passate.

Quando diventiamo uno con l’idea, si acquietano tutte le altre zone della neocorteccia che sono associate con la consapevolezza del corpo e dell’ambiente. Così l’illusoria separazione dal resto del mondo si assottiglia… quando siamo uno con ciò che pensiamo e facciamo non siamo più separati, ma parte del Tutto.

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I nostri geni sono governati dai programmi inconsci (che se vogliamo possiamo riprogrammare) 

A questo punto è importante menzionare una scoperta fondamentale sull’anatomia della cellula, che risale agli inizi degli anni Novanta ma che stranamente è poco conosciuta: i nostri geni non si autocontrollano, ma sono controllati dall’ambiente, come dimostra la nuova scienza dell’epigenetica.

Prima si credeva che il nucleo che contiene il DNA fosse il cervello della cellula necessario al suo funzionamento.  Ma è stato verificato che la cellula può vivere e funzionare bene anche se il nucleo viene rimosso.

Il vero cervello della cellula risulta così essere la membrana che reagisce e risponde alle influenze esterne, e si aggiusta in modo dinamico a ogni cambiamento dell’ambiente.

Questo significa che la trasmissione genetica, a cui la scienza ha sempre riconosciuto il ruolo primario nella trasmissione delle malattie, è responsabile della nostra salute e malattia soltanto marginalmente, per il 5%.

Ciò che assorbiamo giorno per giorno nella prima infanzia sotto forma di programmi inconsci è la principale fonte del nostro profilo biologico ed è direttamente responsabile di come ci sentiamo e della nostra esperienza del mondo.

I nostri geni sono sotto il controllo del sistema di credenze e convinzioni trasmesso dal sistema familiare e dalle influenze ambientali principalmente nei primi 6 anni di vita. I segnali ambientali a volte sono diretti, a volte sono interpretazioni; è allora che le percezioni si trasformano in sistemi di credenze e convinzioni.

Per esempio, se in seguito a una percezione ho sviluppato una convinzione inconscia, la mia biologia si aggiusta su quella particolare convinzione. Credenze e programmi inconsci sono quindi responsabili della nostra salute, di come ci sentiamo e percepiamo il mondo. In altre parole sperimentiamo ciò che crediamo.

Bruce Lipton, il biologo della cellula a cui dobbiamo queste scoperte, è molto esplicito e afferma: Non siamo vittime dei nostri geni, ma maestri del nostro destino (27).
Nel suo libro Biologia delle credenze (28), Lipton dice inoltre che il corpo/mente è progettato per autoguarirsi, ma noi occidentali in particolar modo possiamo accedere in modo molto limitato a questo potenziale, perché abbiamo sviluppato e consolidato credenze che cedono ai medici, gli esperti, il nostro potere.

Per riprogrammare le nostre cellule Lipton parla degli strumenti di sempre: le tecniche di lavoro sull’inconscio per modificare le strutture di riferimento interne, la meditazione e tutto ciò che può favorire la consapevolezza e la presenza.

Le parole e i pensieri modificano il DNA, quindi creano la realtà

I pensieri sono cose, affermava il grande guaritore e mistico Edgar Cayce, e si sta oggi precisando sempre di più la comprensione di come i pensieri siano in grado di creare realtà. Questo lo possiamo verificare anche da soli nel quotidiano notando come, per esempio, quando siamo innamorati stiamo bene, tendiamo al positivo, siamo in apertura verso la vita e le esperienze; quando siamo invece preda della  paura, la nostra energia si paralizza, ci chiudiamo e ci predisponiamo al peggio.

Altre recenti scoperte provano quello che le antiche discipline mediche e spirituali affermano da sempre: le parole hanno il potere di modificare il DNA (vedi Fozar e Bludorf, pag. 236), quindi attenzione ai pensieri, e alle parole interiori con le quali commentiamo costantemente le esperienze.

Grazie alle informazioni più recenti della neuroscienza e dell’epigenetica, ora risulta più facile capire perché la meditazione abbia un’influenza così positiva sugli individui.

La meditazione, aiutando pensieri, emozioni e sensazioni rimossi e sepolti a riaffacciarsi alla coscienza, fa sì che i peptidi si rimettano in circolazione e favorisce così il riequilibrio.

Coltivare la presenza, la capacità di osservare i pensieri e comprendere che non siamo la mente, non siamo le emozioni e non siamo nemmeno il corpo che può ammalarsi e morire, permette inoltre a nuovi circuiti di venire creati nel cervello.

Questi nuovi percorsi neuronali vanno a sostenere abitudini più sane e consapevoli e potenziano i lobi frontali. Questi ultimi possono così acquisire sempre di più la capacità di gestire le pulsioni istintive legate alla sopravvivenza dei cervelli più antichi, di dare una miglior valutazione del contesto per uscire dallo schema della paura.

Possiamo quindi affermare che modificare con la consapevolezza il nostro sistema di convinzioni e credenze, così che la mente possa svolgere un ruolo positivo e creativo di sostegno alla persona che vogliamo essere oggi, può influenzare addirittura la nostra intera biologia e il DNA!

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La meditazione ci libera dal dominio delle emozioni

Un ampliamento delle funzioni dei lobi frontali è inoltre connesso alla percezione di stati di estasi mistica o religiosa, stati di connessione e comunione con il Tutto, come abbiamo già ricordato e come dimostra la ricerca del neuroscienziato A. Newberg dell’Università della Pennsylvania.

Newberg ha sottoposto a indagine con tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli (SPECT) monaci buddisti e suore cattoliche con decenni di esperienza meditativa. Secondo i dati forniti dalla SPECT, durante l’esperienza di trance estatica risultano più attivi dei normale i lobi frontali del cervello, la parte che regola anche la concentrazione e la pianificazione dell’agire.

Praticando la meditazione, possiamo riuscire a controllare sempre meglio il nostro temperamento, non come mera repressione ma come intervento di consapevole contenimento che possa fornirci più possibilità di scelta sui comportamenti da agire.

Le emozioni possono prenderci di sorpresa; a volte sono così repentine da sembrare automatiche, ma lo spazio meditativo può consentirci di aumentare il tempo che intercorre tra impulso e azione.

Praticare tecniche di meditazione catartiche (ad esempio la meditazione Dinamica di Osho) può permetterci di liberarci dai vecchi depositi di emozioni distruttive del passato e di fare pulizia delle tensioni quotidiane; così non saremo più come una polveriera  pronta a scoppiare.

Essere più rilassati quando siamo alle prese con le emozioni distruttive ci permetterà di far intervenire sempre di più la presenza e la consapevolezza. Possiamo così imparare a riconoscere meglio i nostri impulsi, a essere capaci di valutarli, a decidere se vogliamo agire o no in base alla spinta emozionale.

Un altro aspetto per cui la meditazione è preziosa è la tendenza della mente a creare concatenazioni di pensieri negativi. Quando sorge un pensiero di rabbia, o di paura, di gelosia e non siamo preparati ad affrontarlo, nel giro di pochi attimi il primo ha generato un secondo pensiero, che dà vita a un terzo, che a sua volta conduce a un quarto e così via.

Come la foresta che va a fuoco per una scintilla, ben presto la nostra mente è invasa da pensieri che rendono sempre più solida e concreta quell’emozione perturbante, e ormai siamo nei guai.

È difficile a questo punto riuscire a prendere distanza dallo stato emotivo in cui ci ritroviamo completamente immersi e in questo modo l’emozione ci tiene in scacco, ci rende schiavi. Per un certo tempo saremo in sua balìa.