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Il confronto con la sofferenza e la corretta attitudine

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Nel particolare momento che il pianeta sta vivendo, più che mai ci stiamo confrontando con ciò che la sofferenza e la perdita generano in noi: in alcuni casi perdita di persone care, in altre del lavoro, della stabilità economica, in ogni caso della cosiddetta “realtà” come la conoscevamo ed eravamo abituati a vivere.

Si sa che l’essere umano tende a rimandare il confronto con la sua interiorità, spesso proprio fino a quando non può più esimersi dal guardarsi dentro. E la crisi del mondo conosciuto sembra indicarci che dobbiamo farlo proprio ora !

“ Se siete afflitti da qualcosa di esterno, il dolore non è dovuto alla cosa in sé ma alla valutazione che voi ne fate; valutazione che avete il potere di revocare in qualsiasi momento”, ci ricorda Marco Aurelio. Qualche spunto per modificare la nostra valutazione, con un brano tratto dal mio libro Autoipnosi per vincere il dolore:

Il confronto con la sofferenza e la corretta attitudine: osservare impermanenza e attaccamento

“Una profonda causa di sofferenza è costituita dall’attaccamento. Cose, persone, proprietà, idee, situazioni, convinzioni: sembra quasi che sia impossibile non sviluppare attaccamento se teniamo veramente a qualcosa. Ci teniamo aggrappati a quello che è importante per noi nel corso di tutta la vita.

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Si può dire che l’attaccamento sia la connotazione più presente nell’esistenza; è penetrato così in profondità dentro di noi, sembra proprio appartenere alle radici stesse del nostro stesso essere. La mente vuole possedere: “la mia casa”, “mio figlio”, “la mia identità”, “mia moglie”, “il mio  conto in banca”.

La mente dice: “Non voglio perderti” e si illude che, se si aggrappa un po’ di più, potrà tenersi tutto. In realtà, quelle cose e quelle persone non le possediamo veramente.

Possiamo possedere un certificato di matrimonio o un documento di proprietà della casa in cui viviamo; possiamo essere convinti che certi oggetti ci appartengano, ma non possiamo veramente possedere le cose o le persone. Infatti, quando moriamo lasciamo tutto e solo la nostra consapevolezza viene con noi.

Questo ci conduce al concetto di impermanenza: tutto sta cambiando, la vita è un processo in costante mutamento. Se ci guardiamo intorno ne abbiamo la prova, le cose intorno a noi cambiano: i bambini crescono, nuovi vicini si sono trasferiti nell’appartamento accanto, hanno chiuso il negozietto all’angolo, stanno costruendo un altro condominio nel quartiere …

Questo cambiamento non riguarda soltanto l’esterno: noi stessi siamo un campo di energia in un flusso costante, in costante mutamento. Ogni cosa si sta costantemente trasformando, questo stesso momento di coscienza nasce dall’ultimo appena trascorso. Ma niente finisce veramente perché dà origine a qualcos’altro che sarà a sua volta causa di qualcos’altro ancora …

Il confronto con la sofferenza e la corretta attitudine: attenzione all’identificazione

Gli oggetti stessi non sono solidi e durevoli come ci appaiono, la fisica quantistica ci spiega che ogni cosa si compone di particelle vibranti di vuoto luminoso. La materia è soltanto luce che vibra a una bassa frequenza, per questo ci appare solida quando in realtà non lo è. Nella nostra esperienza nulla è quindi più reale di un sogno. Viviamo in un mondo illusorio e tutto è in costante movimento. Questo inquieta la mente perché le ricorda che proprio come il suo io, anche il suo potere è illusorio.

Nel tentativo di affermarsi e affermare sempre di più la sua esistenza, l’io sviluppa desideri e attaccamenti. I Maestri ci indicano che l’io è privo di un nucleo permanente, non possiede nessuna sostanza stabile. Questo io illusorio vuole appropriarsi di tutto come se fosse “io” e “mio” e siamo sempre molto occupati nel cercare di rafforzarlo.

Per esempio, il corpo invecchia, si sforma un po’, spunta qualche capello bianco ed ecco che ci inventiamo tutto un mondo partendo dalle condizioni del corpo e dobbiamo trovare il modo di valorizzarci o ci buttiamo giù. Facciamo la stessa cosa con le sensazioni e gli stati interiori più complessi, come l’ansia, la depressione o l’autostima.

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Ci identifichiamo con sensazioni e emozioni e che lo sappiamo o no, le usiamo per rafforzare l’io. Così abbiamo, a scelta, l’io di quello che si preoccupa e si butta giù, o l’io di quello forte che ha tanta volontà, l’io di quello che crede in sé e può fare qualsiasi cosa ecc. Ma tutti questi aspetti sono in realtà all’incirca come fenomeni meteorologici che vanno e vengono in un panorama che continua costantemente a mutare.

L’insegnamento spirituale ci aiuta a comprendere quanto sia poco saggio sviluppare attaccamento a qualcosa come se fosse “io” e “mio”.

Siamo proprio noi a causare la sofferenza nella nostra vita cercando di aggrapparci a cose mutevoli e creandone un “io”. Noi attribuiamo sempre molta importanza ai nostri pensieri, abbiamo l’abitudine di prenderli tremendamente sul serio.

Il confronto con la sofferenza e la corretta attitudine: la giusta prospettiva

E se le cose con cui ci identifichiamo come se fossero il nostro io non fossero nient’altro che stati mentali da attraversare? Abbiamo la tendenza a dimenticare che qualsiasi cosa essi siano: pensieri sciocchi o elevati, filosofia, problemi, poesia, ricordi d’infanzia o la lista della spesa … Prima o poi cesseranno. Non per questo dobbiamo disprezzare o sottovalutare il processo del pensiero, ma piuttosto imparare a osservarlo, così come sarebbe saggio fare anche per tutto il resto.

Alla luce di questi insegnamenti, ogni cosa trova la sua giusta prospettiva; certo il corpo si ammalerà, invecchierà e morirà, ma la mente non dovrà per questo necessariamente sviluppare sofferenza.

Ci sono fatti che appartengono al livello di coscienza dei fenomeni: l’impermanenza è un fatto, così come lo sono la malattia, la guerra, la morte, i disastri naturali ecc. Questi sono tutti fatti che appartengono all’abituale livello di coscienza, ma non sono assoluti.

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I Maestri ci ricordano che giungendo a un più alto livello di coscienza potremo scoprire la natura illusoria di tali “fatti”; sarà un risveglio, proprio come accade la mattina quando ci risvegliamo dai sogni della notte. Nel frattempo il fattore chiave è come la nostra mente reagisce alle esperienze. Non dobbiamo rinunciare alle cose a cui siamo attaccati, né amare tiepidamente le persone per noi importanti.

Rendere conscio l’inconscio e tecniche per elaborare

Si tratta di diventare più consapevoli di che cosa facciamo quando la mente dice “questa è una cosa e/o una persona importantissima per me”, o “non posso lasciare andare questo dolore perché insieme c’è anche il mio senso di identità”. Possiamo tenere stretto e aggrapparci, o lasciare andare la presa e lasciare fare all’esistenza, nella fiducia che ciò che è veramente nostro resterà con noi in ogni caso.

L’impermanenza e il relativo aggrapparsi è alla base di tutta la sofferenza interiore. Tutti gli ingredienti della sofferenza (paura, depressione, ansia, desiderio ecc.) derivano dall’ignoranza sulla nostra reale natura, dallo stesso errore di fondo: l’idea errata che ci sia un io da difendere, proteggere, sostenere.

Lo squilibrio a livello interiore è responsabile quasi totalmente di malessere, malattie e relative sintomatologie dolorose che si manifestano nel corpo.

Imparare a portare a livello cosciente ciò che sta sotto nell’inconscio, a osservare esercitando la consapevolezza, a decifrare le cause sottostanti dei nostri stati d’animo può risanare la mente e il corpo e liberarci da tanti schemi limitanti.

Jung afferma: “Rendi conscio l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino.”

Tutte le tecniche che ci aiutano a rendere conscio l’inconscio e a elaborare quanto emerge sono perciò utilissime, per esempio Ipnosi e Programmazione NeuroLinguistica, DMOKA e Psyck-K; e anche le tecniche di psicologia energetica come  EFT, EFT Integrata e TAI.

Solo quando siamo liberi dal dolore del passato infatti possiamo recuperare lo spazio per affrontare la paura, fluire con la vita e aprirci a un futuro di nuove opportunità, armonia e fratellanza.

FONTI

Annalisa Faliva, Autoipnosi per vincere il dolore”, ed. LSWR