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Cos’è l’identificazione e come arriviamo al vero Sé?

Che la mente sia frammentata in parti si sa, quali siano le conseguenze di questa realtà e cosa fare al riguardo è poco chiaro ai più.

Identificazione e vero Sè: l’illusione della storia personale

I Maestri illuminati di tutti i tempi ci parlano della nostra vera natura: il nostro vero Sé è un centro profondo di pura pace indisturbata, di qualità dell’Essenza intoccate da tutto ciò che accade all’esterno. Questo è quanto i mistici definiscono il Divino in ognuno di noi.

Affermano che è proprio la necessità di risvegliarci a questa Verità, celata nel profondo, quello che ci spinge a rinascere: abbiamo bisogno di fare esperienza per distillare consapevolezza, l’ingrediente principale che ci guiderà al riconoscimento di ciò che siamo veramente.

Lo strumento che permette allo Spirito di fare l’esperienza necessaria al risveglio, è il veicolo corpo-mente, con le sue particolarità. Esso viene al mondo e acquisisce un’identità: nasce in un determinato luogo e tempo, ha certi genitori, educazione, scuola, abilità, preferenze ecc. Tutti questi elementi vanno a formare la cosiddetta “storia personale”.

I Maestri ci spiegano che essa è illusoria. Infatti se il nostro essere originario è la parte divina, che è sempre collegata al Tutto, anzi è il Tutto stesso, proprio come, per capirci, la goccia d’acqua marina è allo stesso tempo goccia e mare, ne consegue necessariamente che il resto è illusorio.

Identificazione, ego e vero Sè

Dal libro di Frank M. Wanderer, The Revolution of Consciousness : “(…) ci identifichiamo così fortemente con la voce dell’ego, il narratore della storia, che la storia personale diventa il fondamento della nostra intera vita.

Uno sguardo più ravvicinato a quella storia personale, tuttavia, rivela che la nostra storia interiore consiste di un tessuto di esperienze e pensieri. Pensieri che spiegano le nostre esperienze, pensieri a cui crediamo e in cui ci identifichiamo, pensieri che in tal modo forniscono i fondamenti della nostra auto-determinazione.
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La nostra storia personale ci mantiene sotto il suo incantesimo, in uno stato ipnotico, in cui tutte le nostre attenzioni sono dedicate alla voce interiore ed alla storia che lei ci racconta. In questo modo noi abbandoniamo la nostra vigilanza, il mondo ci passa accanto, perché ci concentriamo solo sugli elementi di realtà che sembrano confermare la nostra storia personale.

Cosicché perdiamo l’appiglio sulle dimensioni più profonde della vita. Queste sono presenti sempre, ma perdiamo il contatto con esse a causa dell’assenza di vigilanza.” (Traduzione a cura di LaLucediGaia)

Quella parte che si crede separata ed è convinta di essere l’identità che emerge dalla storia personale è l’ego, detto anche falso sè. L’ego è prodotto dalla storia personale, per esistere ha bisogno di crederci e continua a ripeterla.Più siamo convinti che ciò che l’ego ci racconta sia la verità, più siamo identificati.

L’ego è l’individualità artificiale creata dalla famiglia e dalla società. La vostra gabbia mentale. Alejandro Jodorowsky

L’ego deriva dalle influenze esterne e dalla nostra reazione a esse, è un’entità figlia del condizionamento ricevuto (la famiglia, con credenze, convinzioni, sistema educativo, la società con le sue leggi …). Non è altro che uno strumento che nasce dall’esigenza di indirizzare e esprimere l’energia che abbiamo dentro, e in tal modo affermare la sua unicità e individualità che è conseguenza della discesa nella materia. Ma non dovremmo mai dimenticare che si tratta di un gioco per arrivare a scoprire, infine, chi siamo veramente.

Il vero Sè, invece, è la nostra “Essenza”, il nostro vero centro, la nostra parte più alta e perciò definita divina. Se crediamo di essere quella parte della mente sempre piena di desideri, impulsi e problemi, si crea un tale rumore da impedirci di avvertire la delicata voce dell’ Essere.

Cosa significa disidentificarsi e perché  è fondamentale?

“Ogni uomo ha in sé diversi uomini, e la maggior parte di noi rimbalza da un’identità all’altra senza nemmeno sapere chi è.” Paul Auster

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La mente  è  un’entità composta da tante “parti”. Le parti si formano come reazione alle esperienze, soprattutto traumatiche, la conseguenza è essere alle prese con reazioni agli eventi che portano a galla invidia, gelosia, paura, rivalità, giudizio, lussuria, senso di possesso, attaccamento, ecc., tutta la gamma delle emozioni che provocano sofferenza.

L’insegnamento di Buddha sottolinea che è proprio l’identificazione con l’ego, e con l’illusorietà dell’impermanenza, la principale causa della sofferenza dell’essere umano. Possiamo affermare che tenebra e Luce sono entrambi in noi, ma se la maggior parte della nostra energia è investita nell’identificazione con le difficoltà che la prima genera, non ne rimarrà per entrare in contatto con la seconda.

Il problema non è la mente, l’ego o la personalità, queste sono caratteristiche del veicolo corpo-mente che dobbiamo imparare a utilizzare come strumenti utili e necessari all’esperienza, ma il fatto che noi pensiamo di essere questi strumenti, siamo identificati.

Dis-identificarsi significa guidare la consapevolezza a realizzare che ciò che sono veramente non è nessun fenomeno impermanente, quindi non sono il corpo, non sono la mente, non sono nemmeno i pensieri e le emozioni, ma quello spirito che utilizza tutto questo.

Disidentificarsi non vuol certo dire vivere in modo distaccato, ma accertarsi che ci sia sempre un certo spazio consapevole tra sé e i propri ruoli, i propri attaccamenti, i propri punti di riferimento, così da poterli riconoscere e gestire senza diventare preda della sofferenza.

Noi abbiamo un corpo fisico e tante sub personalità quante sono le parti della mente, con i loro sentimenti, pensieri, ruoli familiari, affettivi, sociali, ecc. che sono mutevoli e impermanenti. Il nostro vero Sé, la nostra essenza, è invece, ci dicono i Maestri, una realtà che è già in noi, e resta immutabile e intoccata per tutto il corso dell’esistenza.

Il vero Sé è libero dalla sofferenza, dimorando nella Verità non teme nulla,  sa di essere eterno e  parte del Tutto.

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Per poterci risvegliare a questa realtà è necessario innanzi tutto abbandonare le identificazioni a cui siamo aggrappati. Il primo passo nella giusta direzione è riconoscere quanta identificazione c’è con ciò che è mutevole, e con consapevolezza prendere le distanze.

Se ciò può generare incertezze, specie all’inizio, per la sensazione di perdita di identità, in realtà ben presto possiamo accedere ai benefici che la giusta prospettiva ci porta. Possiamo infatti scoprire che, mentre siamo dominati da ciò con cui ci identifichiamo, possiamo invece dominare, dirigere e utilizzare ciò da cui ci disidentifichiamo.

Esercizio di disidentificazione – autoidentificazione

Dall’insegnamento di Roberto Assagioli e della Psicosintesi, un esercizio per esercitare la disidentificazione, contattare il vero Centro, sviluppare consapevolezza e autodeterminazione alla libertà di essere.

Sistemati in una posizione comoda. Fai qualche respiro profondo e lascia che  le tensioni muscolari e mentali scivolino via con ogni espirazione. Respira profondamente  ma senza sforzarti, fino a raggiungere uno stato di  quiete. In modo consapevole e presente afferma:
Io ho un corpo, ma non sono il mio corpo. Il mio corpo può trovarsi in condizioni di salute o malattia, può essere contratto o rilassato, teso e stanco o riposato, ma non ha nulla a che fare con il mio vero io. Il mio corpo è un prezioso strumento di azione e di esperienza nel mondo esterno, ma io non sono il mio corpo. Io ho un corpo, lo tratto bene, cerco di tenerlo in buona salute, ma non sono il mio corpo.

Io ho delle emozioni, ma non sono le mie emozioni. Le mie emozioni sono varie e mutevoli, ma io rimango sempre io, me stesso, nell’avvicendarsi della speranza e dello scoraggiamento, della paura e del coraggio, della rabbia o della calma, della gioia e del dolore, dell’abbandono o dell’amore. Io posso osservare le mie emozioni. Posso osservarle e comprenderle, utilizzarle e integrarle, ma io non sono le mie emozione. Io ho emozioni, ma non sono le mie emozioni.

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Io ho una mente, ma non sono la mia mente. La mia mente è un prezioso strumento di ricerca e di espressione, ma non è l’essenza del mio essere. I suoi contenuti sono mutevoli come le emozioni. La mia mente può essere attiva, indisciplinata o coerenze. La mia è un organo di conoscenza sia per il mondo esterno che per quello interno, ma io non sono la mia mente. Io ho una mente, ma non sono la mia mente.

Io ho un corpo, ma non sono il mio corpo/ Io ho delle emozioni ma non sono le mie emozioni
Io ho una mente ma non sono la mia mente/Posso affermare che Io sono un centro di pura consapevolezza, di pura auto-coscienza, di pura auto-determinazione. (…) Io sono.

Tecniche utili per disidentificarsi dalla sofferenza

Identificazione e sofferenza vanno sempre insieme. Ricordando questo diventa più facile recuperare consapevolezza: tutte le volte che non riusciamo a stare nella gioia, o nella pace interiore, tutte le volte che ci sentiamo scollegati dal nostro intimo valore, in altre parole lontani dalle nostre qualità essenziali, possiamo decidere di volgere all’interno la nostra attenzione, individuare gli impedimenti, e disattivare la sofferenza.

Per disidentificarci, utilissime perciò le tecniche che ci permettono di riorganizzare la percezione delle nostre memorie, per liberarci da vecchi traumi e programmi negativi, per esempio Ipnosi, PNL , Autoipnosi, DMOKA e Psyck-K, e tecniche di psicologia energetica come  EFT, EFT Integrata e TAI. E ripulendo la nostra percezione, finalmente scoprire in noi quell’uomo nuovo che crea un nuovo mondo di fratellanza e armonia.

FONTI

Frank M. Wanderer, The Revolution of Consciousness: Deconditioning the Programmed Mind, Ervin K. Kery  Edition

Piermaria Bonacina, Manuale di Psicosintesi. Il cuore teorico di Assagioli, Xenia ed.

http://www.psicosintesioggi.it/psicosintesi/identificazione-dis-identificazione-auto-identificazione